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mercoledì 30 giugno 2010

La Scuola del Genio e il Fronte francese

Sono stato arruolato e chiamato alle armi con la classe 1918, in anticipo perché il Duce prevedeva la guerra e aveva bisogno di uomini. Avevo 19 anni. Fui assegnato alla Scuola Centrale del Genio di Civitavecchia il 3 aprile 1939.

Nel giugno 1939 partii a piedi per recarmi con altri militari a un campeggio nei dintorni di Roma, sui colli laziali, per imparare a montare le tende da campo e successivamente al poligono di tiro a Santa Marinella.Ottenni la qualifica di tiratore scelto e mi furono dati cinque giorni licenza premio.

Al ritorno dalla licenza raggiunsi la Compagnia Genio Artieri, nei dintorni di Civitavecchia, ove la mia squadra venne adibita a preparare mine di ogni tipo e sostai lì qualche giorno. Lì venivano anche gli ufficiali di fanteria per conoscere i nostri tipi di mine e incontrai così l’ avvocato Zampi Domenico, di Ambra (comune di Bucine) a quel tempo Maggiore di Fanteria.

Nell’estate del ’39 partimmo per una marcia a piedi con tutto l’equipaggiamento e puntammo su Narni e altri paesi ove c’era una specie di esercitazione di guerra, in pochi minuti si doveva montare e smontare la tenda; finiti queste dure marce e finti combattimenti tornai a Civitavecchia. Arrivato lì al reparto fui selezionato per un corso per conoscere i battelli di tipo giapponese per attraversare fiumi di grandi correnti di acqua. Sulla sponda veniva gonfiato, era a un posto solo e aveva diversi divisori (scompartimenti) in modo che, preso da una scheggia o altro, non veniva sgonfiato e rimanevi a galla; aveva due mestoline tipo quelle del gioco del tennis, ci si metteva dentro sdraiati bocconi e si metteva in azione il battellino per attraversare all’altra sponda. Era giunto il dicembre 1939 e venni mandato a Verona, aggregato a un reparto di fanteria davanti proprio alla tomba di Giulietta e Romeo. Del genio si era in dodici, tutte le mattine appena giorno si andava nell’ Adige che allora aveva una corrente fortissima e lì spesso il battellino stava in bilico perché bisognava saperci stare sennò si capovolgeva e in tal caso una barca più grossa ci raccoglieva; avevamo anche una muta di gomma ci facevano annaspare e imparare a nuotare. Nel dicembre 1939 e i primi del ’40 fui mandato a Vicenza al Genio Pontieri per conoscere i tipi di ponti e imparare a remare con le barche a remi.

Ripartito da Vicenza raggiunsi il mio plotone comandato dal sottotenente Agati, di Roma. Ero nei Colli Euganei di Monselice e Abano Terme per imparare a fare i ponti chiamati a secco fatti con materiali detti di circostanza; questi ponti erano passaggi per le fanterie e bersaglieri sui dirupi, burroni, dislivellima ci si esercitava anche per fare arreticolati, trincee e altro. Lì venne a trovarci Mussolini e volle conoscere i nostri lavori, il nostro equipaggiamento e conoscerci uno per uno, poi ci fece un discorsetto. Passai qualche mese lì, poi la tragedia:

Mussolini, dal balcone di Piazza Venezia a Roma, il 10 giugno 1940 parlò alla Nazione e dichiarò di mettersi contro il mondo intero. La guerra era dichiarata.

Io reagii, il mio capitano ci raggiunse con la compagnia completa, si chiamava Cassata Giuseppe, era siciliano, un vero patriota, radunò anche il mio plotone e fece un discorso proprio di guerra avvisandoci che in pochi giorni saremmo partiti per il fronte francese. Io chiesi una licenza di due giorni per venire a casa, lui disse “No,perché ci sono dei periodi che da un momento all’altro si può partire per il fronte”. Io non ci stetti, partii da Mestre insieme al mio amico Billi Enzo di Castelnuovo dei Sabbioni (AR), si salì in treno senza licenza e senza biglietto e andai a casa.

Dopo tre giorni ritornammo al reparto, sempre ad Abano Terme, giusto in tempo per partire. Per il fronte francese partimmo il giorno seguente e raggiungemmo una località oltre Diano Marina, nella costa ligure sul confine. Intanto il tenente del mio plotone aveva fatto rapporto al comandante della compagnia e anziché mettere tre giorni di assenza mise solo ventiquattro ore cosicché la punizione si ridusse al taglio dei capelli e quattro giorni per un’ora al giorno legati al palo, cosa che non feci perché essendo in zona di guerra non era ammesso.

Scesi dai camion militari, a piedi da Diano Marina, facemmo una marcia di sei giorni; arrivati al fronte francese a contatto con il nemico, la stessa Francia depose le armi e si arrese chiusa nella morsa tra italiani e tedeschi.

A quel punto per diversi giorni facemmo esercitazioni di guerra con prove pratiche di messa a terra di mine uomo e anticarro finchè alla fine del 1940 rientrammo alla caserma di Civitavecchia alla Scuola Centrale del Genio.

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