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lunedì 12 luglio 2010

Inizia l'avanzata

Così rientrai alla Scuola Centrale del Genio a Civitavecchia ma ci alloggiai appena perché fui trasferito a Roma per partecipare alla sfilata in onore di Hitler, del re Vittorio Emanuele e di Mussolini. Mi aggiunsero perché io avevo una statura media di 1.70, che era l’altezza media richiesta per non fare una sfilata zoppa. Dopo la sfilata a Roma ottenni una licenza premio agricola di 25 giorni; tranquillo venni alla mia Villa ma non c’era pace, al decimo giorno vennero i Carabinieri di Ambra a casa e mi fecero il foglio di via che entro 12 ore dovetti rientrare al reparto.

A Roma fui sottoposto ad un controllo medico accurato, analisi e tanti accertamenti senza rendermi conto di cosa si trattasse finché mi comunicarono che ero assegnato alla fanteria, partenza immediata per il fronte russo in qualità di volontario. Si perché l’Italia non avendo dichiarato guerra alla Russia, i soldati doveva mandarli a combattere contro la Russia stessa ma aggregati con i tedeschi. Io dissi al superiore capitano Cassata Alberto che non volevo essere volontario e non ero nemmeno fascista, lui mi rispose “Vai dal maresciallo Checcacci e fatti dare l’equipaggiamento" e così mi consegnarono il necessario per la Russia, il nastrino tricolore all’occhiello e la croce uncinata sul petto, segno di volontario e mi prepararono per la partenza che avveniva nella prima quindicina di luglio 1941. Salimmo sul treno tradotta con tutto il materiale , camion, fotoelettrica carro officina ponte zero da gettare nei fiumi con barche da spingersi a largo e tutto il resto che il Genio aveva come dotazione attraversammo l’Austria e l’Ungheria finché nei Carpazi al confine romeno a un paesino chiamato Falticeni in nazione romena scendemmo dal treno con tutto l’equipaggiamento, camion compreso. Si perché noi della divisione Torino eravamo compresi nel corpo d’armata chiamato CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia) e viaggiavamo tutti sui mezzi propri. Così dalla località Falticeni subito iniziammo il viaggio attraverso la Romania e a causa dei lunghi spostamenti per arrivare a contatto con il fronte russo i viveri a noi arrivavano di rado e allora in quelle torbide giornate eravamo costretti a prendere galline, uova, anatre, maiali e legumi per farci da mangiare. Buone erano le galline in pentola e bollite, insieme a patate, cavolo, carote e altro, veniva una specie di minestrone senza pasta, lì non esisteva, a volte mettevano del grano eppure, vi giuro, era buono. Attraversai tutta la Romania finchè un bel giorno arrivammo in Bessarabia e via sempre avanti mangiando e dormendo come capitava,spesso sul camion nel cassone all’aperto si perché andavamo avanti talmente veloci che difficilmente avevamo il tempo di montare la tenda.

Passarono i mesi e arrivammo in principio di autunno 1941 in Ucraina. Lì ci aspettava il nemico ma erano più gli amici perché il popolo ucraino non voleva saperne del comunismo e così anche molte truppe si ribellavano al potere sovietico perciò appena i civili costatavano che eravamo italiani questi si schieravano tutti dalla nostra parte e potemmo finalmente dormire in quelle casupole fatte di sterco di mucca, paglia e terra sansinosa ma già era qualcosa. Intanto era giunto il pieno autunno 1941. Le strade diciamo che non esistevano, salvo che qualche grande arteria la quale era tutta rovinata (anche questa strada che conduceva a Stalino era l’unica e qualche tratto vicino alla cittadina aveva il selciato, le più però erano a sterro.) Venne il problema più grosso delle truppe e carri armati nemici. Avvenne questo, che i nostri comandanti non avevano previsto, l’ impantanamento dei mezzi. I camion, trovandosi a contatto con le strade a sterro e in qualche terreno nero e argilloso, giravano le ruote su se stesse e non riuscivano a muoversi; dovevamo scendere dai mezzi e spingere per andare avanti ma nemmeno così era sufficiente perché bastava una piccola salitina e non eravamo in grado di andare avanti, il nemico ai lati ci attaccava allora ci fabbricavamo da noi stessi per ogni mezzo dei graticci, si trattava di tondelli di legno fissati uno con l’ altro con della lega, al momento del bisogno li gettavamo per terra e li avevamo fatti almeno per 50 metri si poteva in qualche modo andare avanti rifacendoli man mano che si rompevano ma era una tragedia inimmaginabile perché andammo avanti poi migliaia di chilometri in queste condizioni, immaginate… i viveri non arrivavano allora anche qui eravamo costretti a fare la legge del più forte per la sopravvivenza; catturavamo delle galline anche maiali e in altri casi anche vitelli, mucche e ogni plotone di truppa faceva il rondaggio per proprio conto (in questo periodo presi la malaria, febbre per 15 giorni a 40°-41°). In questo cammino che va dalla località romena (paese di Falticeni) potrei narrare ancora mille episodi ma i più significanti era quella della mala organizzazione (mancanza di viveri e oltre che combattere fare ponti sui fiumi sia con le barche che con mezzi trovati sul posto tavolate tolte dalle case più lussuose russe, dovevamo procurarci tutto quasi da soli.

Dnepr

Arrivammo al fiume Dneper fiume larghissimo per le sue immense pianure ristagnanti nell’ autunno del 1941 avanzato e li si incominciò il vero fronte e le vere battaglie,. Noi del Genio avevamo il compito di fare un ponte composto di barche. Sai come? Su ogni barca di legno larga nove metri al centro erano degli ingranaggi di ferro a sua volta venivano innestate dei tavoloni lunghi 10 metri una volta innestate barca e tavole venivano spinte in avanti sull’acqua, avevamo due grandi cavi per l’ ancoraggio a riva, finché non raggiungeva l’ altra sponda ma purtroppo il caso del Dnepr non faceva per noi perché la sua larghezza raggiungeva circa un chilometro e dove l’ acqua era più bassa provvedemmo con pilastri in legno incrociati e tavole tolte dalle case più lussuose (ci perché i pavimenti anziché essere fatti di materiale laterizio erano di legno). Si ottenne così il passaggio delle prime truppe di fanteria, bersaglieri e artiglieria ma quando tutto andava bene incominciò il cannoneggiamento russo e qualche proiettile andò a segno così rimase metà truppa al di qua del fiume e metà al di là a confronto con le truppe sovietiche. Noi in questo caso dovevamo assolutamente ripristinare il transito e così anche sotto il cannoneggiamento lavoravamo. Nel giro di quattro giorni il fronte sul Dnepr era tutto in mano nostre perciò l’ avanzata continuò verso la cittadina di Ricov paese ucraino a pochi chilometri da Stalino.

I soldati ucraini a centinaia di migliaia si arresero perché erano contro quella guerra, in poche parole erano contro il comunismo e poi vedemmo una cosa davanti ai nostri occhi che ci fece inorridire: le truppe caucasiche e cosacche che non vollero arrendersi era tutto morte lungo l’arteria che conduceva a Stalino.Posso dire con sincerità che nel tratto di 150 chilometri non potevano essere meno di 500mila soldati distesi morti, erano stati mitragliati dai tedeschi e stritolati dai carri armati.

Le cittadine e i paesi che man mano conquistammo erano tutti in fiamme, incendiati sia dai nostri sia dai russi stessi che davano fuoco a tutto quello che pensavano a noi potesse servire, molto grano e cereali che erano ammassati nei capannoni bruciavano a migliaia di quintali come una carbonaia, noi del Genio mobilitavamo con ordinanze affisse in vari punti del paese tutti i civili dai 12 ai 75 anni per separare il grano e cereali buoni dall’incendio.



1 commento:

  1. Un racconto che mette brividi in corpo. Forse queste memorie si possono solo raccontare ai nipoti. A me, figlio di reduce dalla Russia, papà preferì nascondere il dolore più vivo.Nel film Excalibur di John Boorman, il Mago Merlino pronunciava queste suggestive parole: la maledizione degli uomini è che essi dimenticano.
    Credo che sia necessario provare a lottare contro questa maledizione. Un colossale grazie a te ed a tuo nonno Bianco.

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